Parlare chiaro. La sinistra chiede che il governo si dimetta perché “lo vogliono i mercati”. Berlusconi parla alla Camera “per rassicurare i mercati”. Il ministro dell’economia sta al suo posto perché “se si dimettesse i mercati ci punirebbero”. La grande stampa confindustriale e padronale “quasi ordina” al governo di obbedire ai mercati. Oltre ogni diversa considerazione non si sbaglia se si dice che la finanza, gli speculatori, cioè la peggiore espressione del capitalismo deteriore, cioè “i mercati”, hanno commissariato la politica, anzi la democrazia tout court. C’e’ addirittura chi, o sciocco o servo ben retribuito, vorrebbe inserire in Costituzione l’obbligo del pareggio di bilancio. Così libertà, eguaglianza, diritto al lavoro, solidarietà sociale, sarebbero sottoposti alla garrota del trionfo dei mercati. Un esempio per tutti per capire l’ingiustizia di quello che sta accadendo: il governo destina una cifra smisurata per garantire pressoché a tutti la cassa integrazione. 25 miliardi annui circa. Se con quei denari riducessimo il debito, i mercati direbbero che l’Italia è paese virtuoso, anche se fame, bisogno e disperazione si abbatterebbero su milioni di famiglie. I mercati hanno commissariato dunque, non solo la politica e la democrazia, ma anche la nostra vita. E perché la politica non torni a rivendicare il suo ruolo, hanno scatenato la guerra alla casta, propinando l’ennesima polpetta avvelenata al popolo che diventa strumento della sua stessa rovina. Ma tant’è . Come siamo arrivati a questo dramma, è piuttosto semplice da un punto di vista della dottrina. Il capitalismo senza freni non si autoregola e persegue il massimo profitto travolgendo tutto e finisce per approdare alla forma più facile di ottimizzazione dei profitti: non produrre, ma rastrellare denaro speculando sul denaro . Non producendo ricchezza, si generano solo travasi di risorse: dai poveri e non professionisti, ai ricchi e professionisti della speculazione. Da un punto di vista politico generale, l’accelerazione si ebbe l’11 dicembre 2001, quando alla World Trading Organization, gli USA chiamarono la Cina per trovare miliardi di nuovi consumatori e lavoratori a buon mercato . Fecero come i pifferi di montagna: andarono per suonare e furono suonati. E così il comunismo, sconfitto dal capitalismo, ha divorato il suo assassino usando le sue stesse armi. Oggi la Cina comunista è lo stato più ricco del mondo, proprietario del debito americano, di parte dei debiti europei, che ha materialmente acquistato a metri quadri l’Africa, che sta comprando pezzi d’Europa, che produce, consuma e vende con un incremento PIL del 9/10 per cent l’anno. Il tutto fuori da ogni regola, non dico economica, ma umana e civile. Poi noi ci abbiamo messo del nostro, aggregandoci a questa follia. Abbiamo inventato una moneta unica, senza avere un unico stato (roba da brivido), abbiamo rinunciato a battere moneta (anzi paghiamo chi ce la stampa), abbiamo aderito al bidone europeo (e alle peggiori condizioni), contenti come contento era Pinocchio sul carretto che lo conduceva nel Paese dei Balocchi. Per la bisogna furono e sono usati alcuni sicari interni, tutti ampiamente ricompensati. Infine, potenza della manipolazione di massa, quelli ancora vivi vengono osannati e quelli morti celebrati in un’orgia di suicidio collettivo di cui non ricordo precedenti. E così nel casino generale abbiamo supinamente favorito gli interessi delle grandi banche private (proprietarie della banca centrale europea) e degli stati meno deboli che ci vogliono gregari economici e in perenne affanno e che mentre stai per affogare, anziché ‘comprarti il debito lo vendono. Ci siamo fatti rovinare un tessuto fatto di specifiche produzioni, di specialità, di inventiva. Ci hanno desertificato e come dessert ci stanno per mangiare anche gli ambulanti e le spiagge. Ci hanno fatto fare guerre che non volevamo, tradire partner, ci hanno impedito politiche di regolazione dell’immigrazione, ricordandoci però che dovevamo sbrigarcela da soli. Siamo morti che camminano. I mercati, cioè gli strozzini ci strangoleranno piano piano o più velocemente, a loro gusto. Se dobbiamo fare un grande sacrifico nazionale facciamolo: ma per mandarli a quel paese, recuperare i nostri fondamentali di comunità che ha tanta civiltà e che ha sempre saputo cavarsela. Ecco perché chi si attarda su Berlusconi sì o no, finisce per tradire gli interessi di tutti. Così come quelli che difendono l’appartenenza a una compagnia che ci vuole poveri e poi morti. Quando il re opprimeva il popolo, il popolo uccideva il sovrano. Oggi il sovrano che ci opprime è il debito e noi dobbiamo farlo fuori. E qui ci vuole la politica, altro che i mercati. Col debito se la vedano loro, almeno per quella metà che è fuori confini . La politica rilanci l’interesse nazionale, le iniziative per le nostre specifiche vocazioni. Chieda sacrifici, ma dia prospettive, speranze,coraggio. Bisogna lottare uniti per scacciare i mercanti dal tempio, lavorare per il domani e poi domandarsi perché stavamo impazzendo e mettere a riposo i falsi profeti. Il popolo non solo capirebbe, ma come sempre nei grandi momenti, dimostrerebbe le sue infinite risorse. Altrimenti è la fine. E’solo questione di tempo.
Maurizio Bianconi