Salvate il soldato Nordio, il ministro contro cui è partita una micidiale caccia alle streghe solo per aver pronunciato frasi ai limiti dell’ovvio tipo: “Se non interverremo sugli abusi delle intercettazioni cadremo in una democrazia dimezzata”, oppure: “L’Italia non è fatta solo di pubblici ministeri antimafia. Il Parlamento non può essere supino o acquiescente alle affermazioni dei pm”. Ora, che in Italia si sia fatto un uso abnorme delle intercettazioni non è un’opinione, ma un fatto acclarato; e che le leggi le debba scrivere il Parlamento e non la magistratura è un principio cardine di ogni Stato liberale.
Nordio ha soltanto denunciato il pessimo stato dell’arte, ovvero l’anomalia di una corporazione togata – con il suo sindacato come mosca cocchiera – che si è accreditata un diritto di “supplenza” per togliere ai poteri legittimi – legislativo ed esecutivo – la delega di guidare il Paese, sovrapponendo la sovranità giudiziaria a quella popolare.
L’arresto di Messina Denaro ha ridato fiato alle trombe giustizialiste, come se la sicurezza dello Stato fosse inscindibilmente legata al controllo capillare di tutti i suoi cittadini, ma qui sta il vero discrimine tra Stato di diritto – dove le intercettazioni sono l’eccezione motivata alla regola – e Stato di polizia, dove l’intromissione nella vita privata viene sistematicamente estesa a tutti gli indagati e a ogni fattispecie di reato. Ebbene: l’Italia della riforma Bonafede si è pericolosamente avvicinata a uno Stato di polizia. Quindi la rivoluzione garantista di Nordio andrebbe sostenuta con la massima convinzione, e invece il Guardasigilli sembra già essere un bardo solitario piuttosto che il pilota di una linea condivisa da tutta la maggioranza. Con l’opposizione politica divisa su tutto, in qualche settore del centrodestra – dove le pulsioni giustizialiste non sono mai mancate – c’è la preoccupazione di non inimicarsi troppo le falangi togate che hanno già messo pesantemente nel mirino Nordio, ma cedere alle minacce del circo giacobino sarebbe un errore politico e un segnale inequivocabile di debolezza. Anche perché il ministro ha specificato con grande chiarezza che non è sua intenzione toccare le intercettazioni che riguardano terrorismo, mafia e i cosiddetti reati satelliti.
La riforma della giustizia è un capitolo fondante della coalizione di governo, ed è il momento di ristabilire il primato della politica, intervenendo sull’abuso delle intercettazioni che ha minato la qualità stessa della nostra democrazia. Nel definire e programmare le misure anticrimine, c’è anche il dovere di tutelare chi, innocente, cade nella rete delle intercettazioni. La nostra storia giudiziaria è piena di malcapitati attori non protagonisti finiti nella gogna mediatica, con effetti collaterali gravissimi, per fatti non penalmente rilevanti, a causa delle fughe di notizie orchestrate dalle Procure.
Salvare il soldato Nordio significa quindi salvare anche la democrazia dal commissariamento giudiziario.