‘Per un punto Martin perse la cappa’. Proverbio che ha alcune interpretazioni, la più solida delle quali si attaglia all’affaire Sardegna.
‘Fra il vincere e il perdere ci corre un filo d’erba’. Detto calcistico: un niente può variare la traiettoria del pallone e il risultato.
In Sardegna il punto di Martino e il filo d’erba corrispondono a circa 2000 voti su 700. 000, più o meno.
Tanto è bastato perchè Meloni s’infuriasse e Ely e l’avvocato del popolo prendessero di qcorsa un aereo e volassero a Cagliari, da dove la Todde li aveva allontanati per il comizio di chiusura.
Ma la vittoria è il miglior detergente, e come dicono i calciofili ” se vinci sei un bravo ragazzo se perdi sei un testa di c. . . o. “
Todde è una brava ragazza e incassa volentieri l’abbraccio dei già rifiutati e Truzzu è l’altra cosa, lasciato solo a affogare nella palta.
La cosa potrebbe concludersi qui, poichè il contesto non meriterebbe di più.
L’obbligo a approfondire nasce dal fatto che questo evento potrebbe avere un particolare significato e provocare conseguenze superiori al suo spessore.
Per continuare il parallelo con il calcio, anche in politica il primo esame e più importante va fatto coi numeri.
Un sardo su due ha disertato il voto, come se le elezioni fossero estranee ai destini di un popolo fortemente identitario, legato alla autonomia regionale.
1 su 2 come alle politiche, come ormai ovunque.
Le elezioni sarde sono un’ulteriore conferma che il malessere verso le istituzioni vince sulla cultura di un popolo educato a leggere il voto come una conquista e un dovere civile.
Tanto dovrebbe obbligare a riflessioni sulla insufficiente rappresentatività sostanziale dell’elettorato passivo.
Per solito faranno tutti finta di niente, con un’incoscienza propria di nocchieri colpevoli e senza attenuanti.
Nell’orgia dell’entusiasmo della vittoria e nell’ansia di cancellare la brutta figura non saranno messe in luce realtà impietose per tutti.
Si ignora che la scarsa affluenza riduce della metà, la reale cifra percentuale rispetto a quella attribuita.
Nè si può evitare il confronto con le politiche del 2022.
Hanno perduto tutti a bocca di barile :Fdi – 9%, Pd-6%, Mov5st:-14, 1% Lega -2, 5%.
Sconfitta generale dimostrata anche dai numeri assoluti: Fdi scende da 161. 000 a 93. 000 voti ( -68000), Pd da 128. 000 a 94. 000(-34. 000).
Se passiamo alle considerazioni politiche pure e semplici la prima osservazione da fare è che gli sconfitti smettano di versare lacrime postume sulle liti per il candidato e risparmino pentimenti e promesse per il domani. Non sono una novità del sistema.
Anche in questo caso l’ansia egemonica del primo partito e la pretesa di riequilibri nelle cariche, hanno avuto il sopravvento.
La lega costretta dal riflusso dei suoi consensi ha fatto di tutto per conservare spazi.
Non è stato preso in considerazione che si trattava di esigenze introflesse, da osservatori del proprio ombelico e lontanissime dai bisogni dei cittadini e da valutazioni di merito.
Nessuno sembra comprendere l’importanza dei ruoli ricoperti e si conferma un profilo degli attori coerente allo scenario di decadenza generale.
Si aggiunga la soggettività spesso infelice delle scelte dei candidati: fedeltà, filosofie tribali di selezione, sovente accantonamento dei migliori non in sottomissione di setta. Stavolta si è messo a confronto un’ottima candidata con un sindaco sgradito in primis nella sua città.
Fuori dal reale è lo scomposto entusiasmo dei vincitori.
Vittoria politicamente importante, che non risolve le ambasce nelle quali si rotola la sinistra.
Come una piccola vincita al casinò può indurre a perseverare in un sistema sbagliato, questa vittoria, perdipiù a merito di una candidata, rischia di compromettere la crescita di una proposta strutturata, disgiunta dai fallimenti del movimentismo acerbo e inaffidabile degli alleati e dagli entusiasmi onirici della sinistra estrema verde fino allo spasimo, incurante degli effetti sui diritti del lavoro.
Difficile pensare che la Sardegna sia l’inizio della riscossa di Schlein e c e del declino di Meloni e c.
Comunque entrambe abbiano a mente che c’è un giudice a Berlino e i cittadini son tutti mugnai in attesa del giusto responso