di Alessandro Artini
Il mese di giugno sarà riservato al recupero degli apprendimenti; quelli di luglio e agosto, invece, dovrebbero essere finalizzati al ripristino o allo sviluppo della socializzazione, mediante attività all’apparenza più ludiche, per poi tornare, nel mese di settembre, nuovamente a focalizzare gli apprendimenti. In questi termini, l’idea della riapertura estiva del Ministro Bianchi parrebbe accettabile. In prospettiva, la scuola diventerebbe ciò che molti auspicano (e, tra di essi, anche io) e cioè una sorta di centro sociale, dove i bambini o gli adolescenti (soprattutto questi ultimi), potrebbero incontrarsi per trascorrere il tempo in modo sensato, evitando la noia e la depressione. Un tempo in cui possano svolgere assieme alcune attività, che si dispiegherebbero sul crinale tra i due versanti del divertimento e dell’apprendimento (che non dovrebbero poi essere distinti).
Chi organizzerà queste attività? Esse dovranno essere varate dai Collegi dei docenti e coinvolgeranno gli insegnanti solo su base volontaria (ciò vale anche per gli alunni, che non hanno l’obbligo di parteciparvi). I Collegi senz’altro si orienteranno a porre in essere, come tutte le estati, i corsi di recupero, da affidare ai docenti disponibili. Il disegno del Ministro, rappresentato nella nota n. 643 del 27.04.2021, tuttavia, pare essere più ambizioso e implicherebbe un tempo maggiore di apertura delle scuole, rispetto a quello dei tradizionali corsi estivi. Anche il taglio della nota stessa va ben oltre il linguaggio, talvolta arido e poco comprensibile, del “giuridichese”, per definire, con una prosa più alta, che denota significati pedagogici e filosofici, un disegno non ordinario. Soprattutto, quest’ultimo comprende un’attenzione ai singoli alunni e cioè la personalizzazione delle attività. Tutto ciò, però, implica un impegno non indifferente sia sul piano delle attività sia su quello economico. Saranno sufficienti i finanziamenti stanziati di 520 milioni di Euro?
Il Ministro Bianchi, infatti, ha scelto di non sfidare i sindacati, perché avrebbe potuto chiedere ai docenti di dedicare a tali attività il tempo estivo in cui essi non sono in ferie. Queste ultime, infatti, constano di 36 giorni (32 + 4 giorni di festività soppresse), ma il tempo, diciamo, di “non lavoro” va ben oltre (ciò non vale o vale in misura minore per coloro che sono impegnati negli esami di Stato). Il Ministro avrebbe potuto porre sul tavolo degli incontri con i sindacati anche l’utilizzo di tale tempo, ma non l’ha fatto, perché, nel corso dei decenni, i sindacati hanno convenuto, nelle tornate contrattuali con l’Amministrazione, una serie di norme lavorative, che nella sostanza non consentono di svolgere alcuna attività nei mesi estivi. Probabilmente, quella del Ministro è stata una scelta saggia, ma non sono sicuro che, ciò nonostante, l’organizzazione delle attività estive non costituisca, dal punto di vista sindacale, un’occasione di conflitto. Il rischio di entrare in rotta di collisione, proprio per l’ambizione del disegno che lo impronta, è ben presente.
Poniamoci adesso un’altra questione. I genitori, da parte loro, gradiranno che i loro figli recuperino gli apprendimenti perduti? Ci sono ricerche, non italiane, che dimostrano come le perdite si aggirino attorno al 35%.
Ho l’impressione che alcuni di essi sarebbero consenzienti, consapevoli del valore che potrebbe avere il recupero, ma che molti altri non lo sarebbero. Questi ultimi penserebbero, forse, che i loro figli siano stati messi a dura prova dalla DAD e che adesso si meritino le vacanze. Intendiamoci: stanchezza e disagio sono evidenti (e ne ho scritto anche su queste pagine), ma una tale realtà non nasconde l’altra, un po’ stucchevole, di quei genitori che proteggerebbero comunque i loro pargoli da qualsiasi ulteriore sforzo… In fondo, cosa è un anno di scuola? Meglio un asino vivo che un dottore morto e via cantando.
Ovviamente gli albergatori, già messi a dura prova dal lockdown, si unirebbero al coro degli insoddisfatti per la riduzione temporale delle vacanze familiari. Si aprirebbe, quindi, un ulteriore fronte: quello con i genitori e con gli albergatori.
Ce n’è, infine, un terzo (come se gli altri due fronti non bastassero) ed è quello dei ragazzi, i quali hanno certamente desiderato di rientrare a scuola, nei tempi di lockdown, ma che adesso ben difficilmente preferiranno i corsi di recupero ai mesi di vacanza.
Se il Ministro Bianchi si accontentasse dei corsi di recupero che tutte le estati vengono realizzati, allora “niente di nuovo sotto il Sole”, ma, se egli pensasse davvero di cambiare norme lavorative e mentalità delle persone, avrebbe bisogno di molta determinazione e fortuna (come suggeriva Machiavelli).
Vedremo.
(Alessandro Artini è dirigente scolastico in due istituti superiori)