‘La nomina di Mario Draghi alla Bce è anche un successo italiano, del nostro governo ‘Cosi’ Berlusconi, in fase di defenestrazione. Non so se lo muovesse la ‘sindrome di Stoccolma”, il dovere istituzionale o una sintonia di fondo fra i due. La pubblicistica racconta di un Draghi, presidente BCE, impegnato in un’opera di ‘salvataggio dell’euro’ è sostegno dell’Italia’. Il lavorio di Draghi alla BCE è in continuità con la mission della vita: ampliare il potere della finanza. La difesa dell’euro è in realtà la difesa dell’impalco UE, la prosecuzione della riduzione delle singole sovranità’, la ricerca di una stabilità che consenta lo scambio speculativo e il potenziamento del sistema bancario. Draghi veste il tutto, con la ‘difesa dell’euro: “La BCE è pronta a fare tutto quanto è necessario per preservare l’euro. E credetemi, sarà abbastanza.’(Within our mandate, the ECB is ready to do whatever it takes to preserve the euro. And believe me, it will be enough). È il discorso del 26 luglio 2012 a Londra. In quello stesso discorso la realtà emerge. Draghi ricorda che si stanno uniformando alle richieste UE, paesi come “L’Irlanda e il Portogallo e anche la Spagna e l’Italia’ (l’Italia era entrata sotto governo Monti ndr). Continuava: ’I progressi nel controllo del deficit, nelle riforme strutturali sono stati notevoli e dovranno continuare”. ‘L’unico modo per uscire dalla crisi è avere più Europa, non meno Europa’… cioè ”molta più sovranità sarà esercitata a livello sovranazionale, …Poi con l’unione bancaria (o unione finanziaria) avremo un supervisore per l’intera eurozona’ – ”noi pensiamo che l’euro è irreversibile’. Tutto chiaro: Omogeneizzazione della finanza (coincidente con le banche), difesa della moneta in sé, con riduzioni di sovranità, nessun accenno all’economia reale. Per il resto, enunciazioni di maniera. Come si è detto più volte, niente di illegale, illecito, ma ben poco di condivisibile. Da questa prospettiva va letta la misura che ha caratterizzato la presidenza Draghi: il quanti vite easing (alleggerimento quantitativo). La vulgata lo riduce erroneamente a un sostegno all’economia italiana, di cui si da’ merito a Draghi. In periodo di stasi dell’economia, le banche e la finanza soffrono una contrazione di investimenti, una riduzione della massa circolante e la tendenza a ritirarsi nei circuiti nazionali. Di pari passo i debiti pubblici si appesantiscono per gli interventi di sostegno. L’immissione di liquidità nel sistema tende allo sblocco dell’empasse, rinvigorisce il sistema bancario. Lo stato non ha diritto di emissione, né può acquistare denaro direttamente dalla BCE che lo emette e lo cede alle banche, che l’acquistano dando in cambio titoli di debito pubblico. Le banche, enti privati, gestiscono a discrezione la valuta acquisita. Per lo più non la mettono in circolazione ma vi ripianano i propri bilanci. Si trasforma così un debito privato in debito pubblico consegnato al mercato internazionale e esposto allo spread, senza che l’economia reale avverta beneficio alcuno. Con i maggiori flussi di valuta si migliora l’equilibrio finanziario e si irrobustisce il mercato speculativo. I dichiarati vantaggi per l’Italia si dimostrano quantomeno evanescenti. Draghi termina il suo mandato in BCE il 31 ottobre 2019 e, portato sugli scudi, si accinge a diventare il prossimo salvatore della patria.
Fine (Per adesso)