Nel globo si diffondono incendi pericolosi e adesso il nostro paese è coinvolto nella guerra policentrica anche come protagonista diretto.
Alla situazione mondiale se ne accompagna una interna di economia reale molto pesante i cui contorni sono noti anche se mediaticamente sottoesposti.
In questo contesto la politica nazionale mette in scena scontri, accuse, offese artefatte simili ai colpi fasulli del wrestling, nel match ingaggiato sul terzo mandato dei presidenti regionali.
Nel contempo si impegna nella spartizione delle prossime 500 posizioni negli enti.
Non vi sono i massimi principi in ballo, ma puro esercizio del potere, per posti strategici o semplicemente remunerativi.
Intanto le urgenze indifferibili dei cittadini e del paese, sono lasciate principalmente a altre cure.
Sono in scena, da un lato il teatrino con gli attori da palcoscenico( domanda in un talk show politico ‘ti piace più la Meloni o la Schlein?), dall’altro una schiera di amministratori in prima linea, meno propensi a sceneggiate.
Perchè c’è chi esercita il mandato in rapporto diretto con cittadini perlopiù insoddisfatti, stanchi, impauriti, disincantati alle prese coi problemi veri e pressanti.
Sono i sindaci e gli altri negli enti territoriali, gente che quando esce di casa, ci mette la faccia.
Privati di risorse, di potere effettivo, di sostegni e competenze sono sballottati fra un centro per lo più insensibile e magistrati in cerca di visibilità a buon mercato.
Quel che è peggio sono nelle mani del dominio amministrativo che fa il bello e il cattivo tempo a Roma come da Domodossola a Lampedusa.
Le punte di diamante che colpiscono in corpore vili sono le prefetture, isole del privilegio e dell’inutilità pratica, come già 80 anni aveva predicato Luigi Einaudi.
Insieme con loro la burocrazia locale e nazionale.
Rappresentano i mille lacciuoli tesi perchè nulla si muova e per ribadire la sua superiorità egemonica.
Più la politica nazionale si indebolisce per lo strapotere di finanza e insufficienza dei protagonisti più
l’incombenza dei tentacoli amministrativi strangola gli ordinamenti e silenzia ogni tentativo di azione nell’interesse dei cittadini.
Un tribunale amministrativo dà il via libera a qualsivoglia scempio, superando voleri di comunità e direttive che una politica imbelle è incapace di proteggere.
Le azioni e la buona volontà delle autonomie territoriali vengono mortificate e soffocate.
Un impegno di un sindaco per andare in porto deve transitare fra organi, regolamenti, inceppi amministrativi di ogni specie.
Nessuno libera il barbiere ricordato da Cassese, dalle 36 incombenze per poter aprire il proprio esercizio.
Per non parlare dei varchi che si aprono alla discrezionalità, agli amici, agli amici degli amici, agli amici paganti, agli amici forzati a pagare.
È di qualche giorno fa la comunicazione del dato che per sbloccare 5,3 miliardi di € per investimenti già deliberati e che dovrebbero essere da tempo nei territori, servono ancora 316 decreti dell’amministrazione.
Si aprono infiniti interrogativi e la presa d’atto che questo sistema contorto serve al Mondo di sopra e penalizza il Mondo di sotto.
Oltre naturalmente a nuocere ai principi di democrazia liberale, di stato di diritto, di esercizio delle prerogative delle autonomie pur favorite in modo inequivoco dalla Costituzione.
Le soluzioni non sarebbero neppure difficoltose.
Sarebbe sufficiente la volontà, la capacità, la cultura democratica e istituzionale adeguata.
Ci vorrebbe un provvedimento per l’abolizione automatica delle norme in contrasto del principio costituzionale di sussidiarietà, con conseguente valorizzazione della fase decisoria delle autonomie.
Poi: applicazione dell’autonomia impositiva: pago, vedo, voto.
Abolizione dei decreti Bassanini con restituzione del principio di responsabilità legale agli amministratori e del mero dovere esecutivo agli uffici.
Tutta roba che dovrebbe trovare unanimità o quasi. In un’Italia se non normale, perlomeno non asservita in toto.
Mia nonna in questi casi, dopo avermi ascoltato, se ne andava accennando una vecchia canzone di Bixio Cherubini, cantata da Achille Togliani, di cui non perdeva un concerto al caffè Margherita di Viareggio ‘ Illusione, dolce chimera sei tu, che fai sognare in un mondo di rose. . . . “