Ma il fuorionda è un format televisivo o un abuso, perché si rendono pubblici materiali che dovrebbero restare riservati; o è addirittura un killeraggio mediatico, come lo ha definito da qualche vittima eccellente? Striscia la notizia ne ha fatto un mantra da più di vent’anni, ma ora sembra più uno strumento abbastanza usurato che serve soprattutto a superare l’evidente crisi di ascolti. E’ un modus operandi che non alligna solo in questo anomalo tg che mischia l’intrattenimento all’informazione, ma ha trovato linfa e adepti anche nel giornalismo tradizionale, in cui sempre più spesso conversazioni private anche scabrose vengono spacciate per interviste e gettate in pasto ai lettori. Non si tratta però di legittimi scoop cercati col sudore e con la ricerca corretta delle fonti, ma solo di malcostume che ignora ogni etica, ed è significativo che il potere di Striscia sia cresciuto in parallelo alla crisi del giornalismo, che invece di insegnare la correttezza dei comportamenti è di sovente sceso sotto il minimo etico in cui si vantano di vivere il Gabibbo e molti inviati di Ricci. I massmediologi lo hanno definito giornalismo d’assalto, rapido, sincopato, ma in certe consegne del Tapiro d’oro si è pesantemente violata la privacy, con forzature al limite della violenza quando la vittima di turno cercava di rifiutarlo. E’ lo stesso metodo usato dalle Iene: ne sanno qualcosa i parlamentari di tutti i colori, incappati in veri e propri agguati, circondati da microfoni e telecamera e costretti a rispondere a domande spesso elementari, spesso su argomenti specifici, con l’unico obiettivo di metterli alla berlina. Per cui se il malcapitato risponde in modo decente non verrà mai messo in onda, mentre se è preso alla sprovvista su un argomento che non conosce finisce nel tritacarne del pubblico ludribio.
Il fuorionda è uno strumento micidiale, perché colpisce nel profondo l’identità di un personaggio nel momento in cui si sente libero di uscire anche dalle righe in quanto fuori dall’ufficialità dell’essere in onda: ognuno di noi ha una postura diversa a seconda delle circostanze, e, come nel pugilato, la scorrettezza sta nel colpire l’avversario quando ha la guardia abbassata. Più che giornalismo d’assalto è dunque vigliaccheria all’ultimo stadio. Il caso Giambruno è solo l’ultimo di una lunga serie: l’ex compagno della premier ci ha messo ovviamente del suo esibendo un sessismo degno della più infima osteria, ma il contorno allestito da Striscia ne è stato, diciamo così, all’altezza, con le frasi ripetute ad libitum, le gestualità e le espressioni rozze rimarcate in modo grottesco con effetti audio ridicolizzanti. Un brutto teatrino che è la cifra del programma di cui Ricci va orgoglioso, scambiando la libertà concessa dall’azienda per una licenza di uccidere la dignità altrui. Sì, perché Striscia ha sempre violato impunemente ogni regola: il 23 settembre 2019 trasmise addirittura un finto fuorionda con protagonista Matteo Renzi: nel video sembrava che l’ex premier deridesse alcuni dirigenti del Pd e qualche ministro. I conduttori di allora si guardarono bene dallo specificare che si trattava di una finzione, e alcuni utenti lo condivisero sui propri profili social commentando le frasi di Renzi come se si trattasse di dichiarazioni ufficiali. Era, quella, l’ultima frontiera tra giornalismo e finzione: un tipo di video falso denominato deepfake ed era la prima volta che veniva usato in Italia da una televisione generalista. Questa è Striscia la notizia, programma con un grande successo alle spalle ma destinata, di questo passo, a finire lei stessa fuori onda.