Titoli di stampa: “centrodestra in frantumi”, l’opposizione deraglia”. Unanime la presa d’atto della fine d’una storia.
Non è piacevole chiosare “ve l’avevo detto”, soprattutto quando avevi previsto guai e questi si verificano. Ma va fatto. Per memoria, per amor di verità’. Non so come sarebbe andata se fossero state seguite le tesi che peroravo. Non so se il disastro dell’avvento di una post democrazia rozza totalitaria e finanziarista sarebbe stato evitato, attenuato, differito. Certo che peggio di così non poteva andare. Il modo per provvedere al meglio per il nostro paese era e è riprendere il filo delle nostre migliori qualità: lavoro risparmio, comunità’, inventiva, fantasia, tradizione e modernità motori della nostra capacità d’impresa e valorizzazione della civiltà dei territori. È il patriottismo del 21o secolo che si confronta col mondialismo del cristianesimo, del liberismo, del socialismo. La dialettica fra democrazia e post democrazia sta nel bilanciamento di questi valori e dalla quantità di patriottismo che un paese riesce a valorizzare in armonia con il globalismo. La mission era ed è propria del centrodestra. Un centrodestra sapiente, coraggioso, maturo, affidabile. Non il centrodestra che Berlusconi stava stritolando, privilegiando i propri schemi e gli interessi privati. La proposta di pensare ad una coalizione senza Forza Italia dove ognuno facesse la sua parte, senza ubbie di primato e senza ricostituzione di classi dirigenti ad usum delphini era la via da seguire. Proposta disattesa, se non irrisa. La Lega avrebbe dovuto fare la Lega, non un accrocco ‘nazionale ‘per fare il pieno di voti ‘di pancia ‘per lanciare una specie di guerra lampo per il primato. Con il rischio che con il consenso liquido, cioè attaccato con lo sputo, a repentine salite seguano subitanee discese. Fratelli d’Italia avrebbe dovuto valorizzare l’anima della destra pensante e fantaccina, rispondere all’appello dei territori senza rappresentanza, ai tanti delusi del fiasco finiano, affermare solide e profonde radici, anziché’ arrabattarsi nella corsa a chi ce l’ha più lungo con l’alleato competitor. Non si è voluto capire che il pieno elettorale non corrisponde alla costituzione di una rete di consensi validi per costruire e durare nel tempo. Entrambi avrebbero dovuto chiarire che chi organizzava Nazareni, aderiva a leggi elettorali suicide per il proprio campo, chi perseguiva in modo evidente gli impicci e i maneggi filo aziendalisti e filofinanziaristi era fuori dalla coalizione. Niente di tutto questo. Ignorati i fautori di una politica che coprisse quel segmento che era stato del PDL e che non portasse dietro né Berlusconi né la pletora di itineranti alla ricerca del seggio, si è continuato a fingere che esistesse una coalizione nell’esercizio di primati da sondaggio inutili e dannosi. Stagione triste punteggiata da errori politici e vuoto programmatico. Oggi che il voltafaccia non è più glissabile e Berlusconi si offre agli altri per una norma aziendalista, Salvini è fuori di sé. Meloni spiegabilmente sempre vicina a Berlusconi, è in un imbarazzo senza pari che ne incentiva l’insolita afasia. Il quadro si sta disgregando, anche se i sondaggi fossero incoraggianti. Se invece che suggestionarsi per alcuni risultati elettorali e navigare a vista avessero dato ascolto alla buona politica, oggi forse l’Italia sarebbe meno alla canna del gas e il centrodestra al capolinea strategico e politico.
Anche se ancora l’orchestra suona e i passeggeri ballano, fra un po’ mancheranno le scialuppe di salvataggio.