Quando Mussolini assunse il governo della nazione, fu considerato un parvenu dagli ambienti monarchici e liberali che pur lo avevano favorito come ‘male minore’ di fronte al pericolo socialista.
Per convivere col mondo di sopra negli scenari nazionali e internazionali valorizzò e fece suo mediatore e ambasciatore Dino Grandi.
Colui che poi organizzò il ribaltone del 25 luglio 1943.
Passarono i decenni e in Italia fu la volta di un altro sfasciacarrozze.
Cambiò pelle al suo partito e fu giocoforza accolto nel mondo di sopra, costituito all’epoca da Dc e Pci, annessi e connessi.
Per rappresentarlo in quei meandri ostili e insidiosi si affidó a Giuliano Amato che in seguito Craxi stesso non esitó a definire ” traditore”.
Si affacciò al proscenio un altro personaggio dirompente, sgradito ai circoli di chi conta davvero, poco disponibile a seguire le tortuosità del potere romano.
Costui si affidò a un richelieu domestico.
Gianni Letta si era fatto largo nella capitale dirigendo Il Tempo, quotidiano fondato e posseduto da Renato Angiolillo, la cui consorte e erede fu per decenni la tenutaria del salotto più influente di Roma.
Berlusconi riteneva Gianni Letta, il suo atout nel giro del vero potere.
Per molti ha rappresentato invece l’uomo del mondo di sopra, presso la corte del Cav.
Non è forse un caso che quegli ambienti consapevoli della bontà del suo lavoro, lo abbiano poi ammesso nel board di Goldman Sachs e nel comitato esecutivo di Aspen Institute Italia.
Perfino il Vaticano gli ha dato conto del suo trentennale impegno iscrivendolo fra ‘i gentiluomini del Papa”.
Nella sua breve temporada nei pressi di chi conta, anche Matteo Salvini ebbe il suo mediatore col mondo di sopra, Giancarlo Giorgetti.
Anch’egli rivelatosi uomo degli altri più che del Capitano.
Sembra che ci sia una costante in queste situazioni: l’ultimo arrivato, l’homo novus, l’estraneo che si siede al desco del comando, rimane vittima di un complesso più che d’inferiorità, di soggiacenza timorata verso gli insediati a vita nei luoghi dove ‘si puote ciò che si vuole’.
Con la convinzione della necessità inderogabile di rabbonire, tranquillizzare, garantire.
Analogo è anche l’epilogo di queste vicende.
Il mediatore, l’ambasciatore, il garante diventa il Giunio Bruto di turno in modo più o meno evidente, ma sempre efficace.
Non è il caso di scomodare neppure la versione più popolare della teoria dei ‘corsi e ricorsi storici’. Non si tratta di quello, ma dell’ ordinaria vulnerabilità degli emergenti.
Tutto questo richiama il recente homo novus( mulier nova)e le sue prossime scelte.
Preoccupano i target preannunciati, estranei fra l’altro alla genesi del risultato elettorale .
” Sarà un governo di altissimo livello’. Nomi graditi all’estabilishment più che funzionali al progetto promesso di ‘rivoltare l’Italia come un calzino’.
La mulier nova dovrebbe sapere che non c’è nessun bisogno di accreditarsi verso il mondo di sopra che ha avallato ministri da vergogna per incapacità, incultura, ignoranza.
Dovrebbe anche sapere che i ministri ‘ competenti’, una volta nominati dal presidente della repubblica, saranno cavalli sciolti dediti a altri e comunque fuori da ogni controllo e da ogni ansia di rinnovamento.
Il secondo assunto che preoccupa è che costei dice di puntare al ‘governo delle competenze’
Questo è uno schiaffo alle convinzioni pluridichiarate. Le competenze e i tecnici sono quanto di più lontano ci possa essere dal ‘primato della politica ‘, dall’affermazione dei valori come priorità assoluta.
Ce ne corre dal far quadrare i conti teorici sulle carte a far tornare i conti in corpore vili sui diritti, l’economia reale, gli interessi di comunità
Ce ne corre quanto fra un governo delle competenze e un governo della politica, fra un governo del mondo di sopra e un governo espressione dei cittadini.
Senza contare che, come si è visto, fra le ‘competenze’e i prescelti ‘ di livello’si anniderà di sicuro – come l’esperienza unanime insegna-il reginicida di turno.